Locazioni a breve termine, Airbnb si adegua alla legge italiana: cedolare secca trattenuta dai compensi degli host
Last Updated on Gennaio 3, 2024
Periodo di grandi novità e di strette per chi ricorre alle locazioni a breve termine: è notizia di pochi giorni fa l’adeguamento alla legge italiana da parte di Airbnb. Da quest’anno, infatti, il colosso tratterrà dai compensi degli host la cedolare secca pari al 21%.
La news in questione è arrivata dopo quella relativa alla chiusura del contenzioso con l’Agenzia delle Entrate relativo proprio all’evasione della succitata imposta negli anni fiscali compresi tra il 2017 e il 2021.
Il tutto si è chiuso con una cifra più bassa rispetto ai 780 milioni di euro il cui sequestro era stato inizialmente ottenuto dalla Procura di Milano a seguito di un’inchiesta relativa a un’omessa verifica fiscale e partita nel maggio del 2022.
Nelle casse dello Stato entreranno quindi 576 milioni di euro, 353 dei quali corrispondenti alle ritenute non versate da Airbnb Ireland Unlimitend Company (il resto della cifra sarà ripartito tra sanzioni amministrative e interessi maturati nel corso del tempo).
Chi riguarderà la trattenuta della cedolare secca?
Questa novità riguardante chi ha scelto le locazioni a breve termine per mettere a reddito i propri immobili non riguarderà tutti. La legge italiana, infatti, parla solo di host non professionali.
Chi rientra in questa categoria? Chi affitta a breve termine un immobile di proprietà senza essere dotato di Partita IVA o chi propone sul mercato delle locazioni a breve termine meno di cinque alloggi.
Gli obblighi degli host
Gli host che propongono i propri immobili sulla piattaforma guadagnando tramite le locazioni a breve termine saranno obbligati, entro il 14 gennaio 2024, a dichiarare se il loro profilo prevede l’applicazione della cedolare secca del 21% o no, opzione quest’ultima valida per chi esercita attività professionale.
Facile è notare la differenza rilevante rispetto alle locazioni a lungo termine per quanto riguarda la percentuale della cedolare secca. Chi affitta con la formula 3 + 2, ha la possibilità di scegliere la strada del canone concordato – opzione al centro di un’interessante riforma a Milano – con l’applicazione di un’aliquota del 10%.
Degna di nota è anche l’eliminazione di un’incertezza notevole come quella relativa alle insolvenze. Grazie alla nostra formula Protezione Zappyrent, infatti, si ha la garanzia della ricezione del canone ogni mese, anche se il locatario risulta inadempiente.
Tornando agli obblighi degli host, ricordiamo che, in caso di mancata scelta entro la deadline del 14 gennaio, la piattaforma applicherà automaticamente la cedolare secca del 21% – da quest’anno, a seguito dell’approvazione della Legge di Bilancio, valida solo per chi mette in affitto un solo immobile, in quanto da secondo in su aumenta di cinque punti percentuali – introdotta nel “lontano” 2017.
Contenzioso con l’Agenzia delle Entrate: come si è svolto e risolto
Per comprendere meglio questa novità relativa alle locazioni a breve termine è necessario fare un passo indietro e approfondire il già menzionato contenzioso tra la piattaforma e l’Agenzia delle Entrate.
Tutto, come già accennato, ha avuto inizio nel maggio 2022 quando, da parte della procura di Milano, era arrivata una contestazione ad Airbnb relativamente a mancata dichiarazione e versamento della cedolare secca sui canoni di locazione (il colosso deve essere considerato, dal punto di vista fiscale, come sostituto d’imposta degli affittuari.
Nella primavera del 2022, gli inquirenti erano arrivati a stimare una cifra pari a 779 milioni di euro di tasse non versate al fisco italiano da parte del colosso delle locazioni a breve termine.
Di questa somma, ribadiamo, all’inizio del mese di novembre la procura meneghina era riuscita a ottenere il sequestro da parte del Giudice delle Indagini Preliminari.
Dopo un accordo tra la società e l’Agenzia delle Entrate, il contenzioso è stato chiuso con la prima costretta a pagare una somma pari a 576 milioni di euro per la cedolare secca dovuta al fisco italiano e non versata nel quinquennio 2017 – 2021.
Facile è capire che, ad oggi, rimane scoperto il biennio 2022 – 2023. Per questo lasso di tempo, infatti, non è stato possibile trovare alcun accordo. Ad oggi, è arrivato agli host, da parte di Airbnb, l’invito a dichiarare i compensi percepiti nell’anno 2022 e non ancora sottoposti a tassazione. Per concretizzare questa procedura è necessario ricorrere allo strumento del ravvedimento operoso, il tutto entro il prossimo 28 febbraio.
Come regolarsi per il 2023? In questo caso, si parla della necessità di dichiarare i compensi ottenuti in sede di compilazione della prossima dichiarazione dei redditi.
L’impegno da quest’anno
Il 2024, come già detto, è un vero e proprio anno di svolta per l’universo delle locazioni a breve termine, al centro di diverse polemiche in quanto indicate come “colpevoli” dello spopolamento dei centri storici di molte grandi città italiane e della scelta di aumentare i canoni da parte di molti proprietari che affittano a lungo termine.
Da quest’anno, infatti, Airbnb si impegnerà, in qualità di sostituto d’imposta, a versare la cedolare secca al fisco italiano. Dalla somma che, di volta in volta, viene pagata dai locatari alla piattaforma di intermediazione, verrà trattenuto quanto dovuto alle casse dello Stato, pagando, di fatto, per conto dei clienti.
Chi ha scelto la strada delle locazioni a breve termine sul celebre sito, riceverà quindi la somma pattuita per il proprio alloggio e per i servizi, al netto dell’imposta oggetto di queste righe.
Prima di arrivare al risultato raggiunto nei giorni scorsi e alla risoluzione del contenzioso iniziato nel 2022, da parte di Airbnb era stata messa in atto una posizione di rifiuto, parlando della necessità di verificare caso per caso le numerose attività di locazione a breve termine, in modo da capire quali tra esse rientravano effettivamente nei requisiti dell’esercizio di attività d’impresa, non risultando, di fatto, soggette all’obbligo di applicazione della cedolare secca.