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Vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus: le novità sulla tassazione

Last Updated on Febbraio 8, 2024

Sono diversi i cambiamenti che l’approvazione della Legge di Bilancio 2024 ha portato nel mondo immobiliare. Tra i tanti, è possibile citare quello che coinvolge la vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus.

La novità riguarderà in particolare le plusvalenze derivanti dalla cessione delle case che, in passato, hanno usufruito del celebre insieme di detrazioni, entrato a far parte del quadro normativo italiano, con una forma diversa rispetto a quella che ha oggi, durante l’emergenza pandemica.

Ai sensi del TUIR (Testo Unico sulle Imposte sui Redditi), vanno ad aggiungersi all’elenco dei redditi diversi le plusvalenze che derivano dalle cessioni, attuate a titolo oneroso, di unità immobiliari sulle quali sono stati concretizzati interventi rientranti nelle agevolazioni del Superbonus.

Queste plusvalenze sono soggette all’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, pari al 26%.

La novità in questione, che prevede che non sia più solo la percentuale “scontata” a essere base per il calcolo dell’imposta, riguarda qualsiasi vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus formalizzata dopo il 1 gennaio 2024.

Le novità per chi vende casa con il Superbonus

Entrando nel vivo di questa novità che coinvolge la vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus, ricordiamo che, nello specifico, la modifica normativa coinvolge il comma 1 dell’articolo 67 del TUIR.

Si va, come già accennato, ad aggiungere le plusvalenze derivanti dalla tipologia di cessione sopra menzionata nell’elenco dei redditi diversi, integrando al testo normativo la lettera b-bis.

Rispetto alle bozze iniziali, il tempo minimo tra la conclusione dei lavori e la vendita è raddoppiato: prima della modifica oggetto di questo articolo, dovevano passare cinque anni.

Le ragioni del cambiamento

Questo cambiamento legato alla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus è stato concretizzato con una ragione precisa: scongiurare le vendite speculative.

Le eccezioni

Per inquadrare al meglio la novità, è necessario ricordare l’esistenza di alcune eccezioni. In primo luogo, si ricorda l’esclusione l’esclusione degli immobili che sono stati acquisiti a seguito di procedure di cessione.

Nei frangenti in cui tra la data ufficiale di acquisto dell’immobile o di costruzione e la vendita dello stesso sono trascorsi meno di 10 anni, è necessaria la valutazione dei requisiti sul suddetto periodo.

Così facendo, si arriva a escludere dall’applicazione dell’imposta sostitutiva sui redditi le compravendite immobiliari che non hanno alle spalle finalità speculative.

Rientrano tra le eccezioni pure gli immobili che sono stati adibiti, dal soggetto cedente o dai suoi familiari, ad abitazione principale.

In tutte le circostanze appena menzionate, le plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus non sono oggetto di tassazione.

Cosa sapere sulla determinazione della base imponibile

Entrando ulteriormente nel vivo degli aspetti tecnici relativi alla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus, ricordiamo che la normativa vigente fornisce riferimenti specifici per quanto riguarda la determinazione della base imponibile. 

Da citare, inoltre, sono le limitazioni relative alla deducibilità dei costi sostenuti per i vari interventi oggetto di agevolazione. Nei casi in cui il periodo è inferiore ai 5 anni, non è possibile dedurre i costi. Quando, invece, il lasso di tempo va dai 5 ai 10 anni, è possibile dedurli al 50%.

Quando si paga il 26% sulla plusvalenza?

Il 26% sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di immobili ristrutturati con il Superbonus si paga in tutti i casi non rientranti nelle sopra citate eccezioni, anche se i lavori sono stati effettuati dal conduttore che ha regolarmente preso in affitto l’immobile.

A quanto ammonta la detrazione?

Le detrazioni a cui fare riferimento sono sia quella pari al 110%, sia le versioni “ridotte” al 90, al 70 e al 65%. Ricordiamo altresì che, sulla base del quadro legislativo attuale, la norma non potrà più essere applicata a partire dal 2035. Si parla, infatti, del decimo anno dal 2025, l’ultimo per cui si può parlare di applicazione delle detrazioni sopra menzionate.

Come viene determinata la plusvalenza?

A questo punto, è naturale chiedersi come determinare la plusvalenza. Partiamo dalla regola di base, che prevede che venga definita facendo la differenza tra il prezzo di cessione dell’immobile e il suo costo riconosciuto dal punto di vista fiscale. Da comprendere sono ovviamente è anche le spese di ristrutturazione.

In merito al Superbonus, è bene essere consapevoli dell’esistenza di specifiche limitazioni.

La normativa prevede come già accennato, che se i lavori per i quali si è goduto delle agevolazioni si sono conclusi da meno di cinque anni rispetto alla cessione dell’immobile, non si tiene conto delle suddette spese nei frangenti in cui si fruisce dell’incentivo al 110% (attenzione: in questi casi, non devono essere state prese in considerazione le opzioni della cessione del credito e dello sconto in fattura).

Nei frangenti in cui, rispetto alla data di cessione dell’immobile, sono passati dai 5 ai 10 anni, si tiene conto, ribadiamo, del 50% delle spese.

Ciò vuol dire che, nelle situazioni in cui il contribuente ha fruito delle agevolazioni note come superecobonus e supersismabonus, senza richiedere cessione del credito o sconto in fattura, le spese sono da guardare come un incremento dei costi che determinano la plusvalenza.

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La simulazione della Fondazione Nazionale Commercialisti

Dopo diverse informazioni normative, è importante, per avere un quadro più chiaro se si è proprietari immobiliari, chiamare in causa i numeri concreti. A tal proposito, la Fondazione Nazionale Commercialisti ha fatto una vera e propria simulazione.

Considerando una casa del valore di 200 mila euro acquistata nel 2000, sulla quale sono stati effettuati, nel 2021, lavori per 50000 euro con il Superbonus, in caso di vendita, nel 2023, a 400 mila euro, la plusvalenza non sarebbe tassabile. 

Si parla, infatti, di un lasso di tempo superiore ai 5 anni tra l’acquisto e la cessione.

Con la Legge di Bilancio di quest’anno, la plusvalenza è tassabile in quanto, tra il 2021, anno dei lavori, e il 2024 della cessione, sono trascorsi meno di cinque anni.