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Separazione coniugale: a chi rimane il contratto di affitto e chi paga il canone?

Last Updated on Gennaio 22, 2023

Sia quando si decide di prendere casa in affitto sia quando, nelle vesti di proprietario, ci si informa per proporre la propria unità immobiliare sul mercato delle locazioni, è naturale chiedersi, in caso di separazione coniugale, a chi rimane intestato il contratto di affitto e chi deve pagare il canone.

Se vuoi sapere qualcosa di più in merito, non devi fare altro che proseguire nella lettura dei prossimi paragrafi di questo articolo.

Separazione e divorzio quando si vive in affitto: l’assegnazione della casa coniugale

Per capire a chi rimane il contratto di affitto in caso di separazione coniugale tra due persone che vivono in un immobile in locazione, bisogna fare il punto della situazione su quello che la giurisprudenza dice in merito all’assegnazione della casa di famiglia.

Questo aspetto è disciplinato dall’articolo 337-sexies del Codice Civile. Quest’ultimo stabilisce che, nel prendere la decisione in merito al godimento dell’immobile a seguito di una separazione tra coniugi, sia necessario tenere in considerazione in maniera prioritaria l’interesse dei figli. Ciò vuol dire che l’immobile viene assegnato a chi, tra i due coniugi, rimane a vivere con l’eventuale prole.

Fondamentale è ricordare che, in sede di assegnazione della casa familiare, il giudice non tiene conto della proprietà dell’immobile. Ciò vuol dire che il genitore che risiede con i figli potrà continuare a vivere nella casa di cui è proprietario l’ex coniuge o, in caso di firma di un contratto di affitto, un soggetto terzo.

Contratto di affitto dopo la separazione: a chi rimane l’intestazione?

Nell’eventualità di una separazione tra due coniugi che vivono in una casa in affitto, la giurisprudenza prevede, come già accennato, che presso l’immobile continui a vivere il coniuge che risiede stabilmente con la prole. Attenzione: non importa che il soggetto sopra menzionato sia o meno intestatario del contratto di affitto.

A sottolinearlo ci ha pensato anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17971 dell’11 settembre 2015. Gli ermellini hanno specificato che, in caso di separazione coniugale in una coppia con dei figli minorenni o maggiorenni ma economicamente non autosufficienti, la casa familiare viene assegnata al genitore collocatario della prole, a prescindere che quest’ultimo risulti o meno conduttore nel contratto di affitto.

Entrando nel vivo dell’aspetto dell‘intestazione del contratto, facciamo presente che, a seguito della separazione, passa al coniuge a cui è stata assegnata la casa. Ciò vuol dire che il rapporto contrattuale precedente si estingue.

Doveroso è ricordare che la suddetta estinzione si concretizza anche nei casi in cui gli ex coniugi, durante il loro rapporto matrimoniale, hanno sottoscritto un contratto di affitto intestato a entrambi. In questi frangenti, il soggetto assegnatario della casa coniugale diventa titolare anche della quota che, al momento della sottoscrizione del contratto, spettava all’ex marito o all’ex moglie.

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Chi deve pagare l’affitto dopo la separazione?

A questo punto, dopo aver chiarito che, in caso di separazione coniugale tra due persone che vivono in un immobile preso in locazione, l‘intestazione del contratto di affitto passa totalmente all’assegnatario della casa coniugale, è naturale chiedersi a chi spetta il pagamento del canone.

La legge non ha fornito riferimenti chiari in merito. Di base, si prevede che sia l’intestatario del contratto di affitto a provvedere al versamento del canone e di quelle spese che, in una locazione, spettano al conduttore (p.e. gli eventuali oneri condominiali).

Bisogna però tenere in considerazione la decisione del giudice. La figura in questione può, in alcuni casi, tenere conto della necessità di pagare il canone di affitto e decretare un aumento dell’assegno di mantenimento a favore dell’ex coniuge che vive nell’immobile in locazione ove un tempo risiedeva il nucleo familiare al completo.

La legge prevede che, da parte del giudice, ci sia un’attenzione specifica ai rapporti economici tra gli ex coniugi. Nelle situazioni in cui, per esempio, la casa di famiglia è di proprietà, ne viene tenuto conto nel momento in cui si valuta di rendere meno oneroso l’assegno di mantenimento versato dall’ex coniuge che ha una situazione economica più vantaggiosa.

Il discorso cambia nel momento in cui, invece, si ha a che fare con un immobile in affitto. In questi frangenti, quando la coppia sposata che ci viveva si separa, l’ex coniuge non assegnatario della casa coniugale, se guadagna di più, è spesso chiamato a versare un assegno più consistente in virtù della necessità di pagare il canone di affitto mensile.

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Doveroso è sottolineare che, se percepisce un reddito, seppur inferiore a quello dell’ex coniuge, il soggetto assegnatario dell’immobile è obbligato al pagamento del canone di affitto. L’assegnazione della casa coniugale, infatti, non deve essere considerato un arricchimento economico ma solo un fattore migliorativo della comodità dal punto di vista logistico.

La sentenza n.19367/2018 del Tribunale di Roma

Per capire meglio come possono andare le cose quando si ha a che fare con una separazione coniugale tra marito e moglie che vivevano in affitto, è utile chiamare in causa esempi concreti, anche casi limite come quello a cui fa riferimento il titolo del paragrafo.

Nel frangente sopra menzionato, si fa riferimento a una sentenza del tribunale capitolino che ha visto coinvolta un’ex coppia di coniugi con moglie over 50 che non aveva mai percepito reddito, risultando sempre disoccupata e casalinga.

Vista l’età non più giovane e l’oggettiva difficoltà nell’inserirsi nel mondo del lavoro, il giudice ha stabilito l’obbligo, a carico dell’ex marito, di procedere al pagamento del canone di affitto mensile. In casi come questi, l’assegno di mantenimento più oneroso viene visto come uno strumento per riequilibrare le sorti dei membri della coppia quando uno di essi ha anteposto la cura della famiglia alla possibilità di realizzarsi professionalmente.