Canone concordato sull’affitto: tutto quello che devi sapere
Last Updated on Settembre 26, 2024
Il canone concordato è una delle modalità di contratto d’affitto con cui è possibile affittare un immobile. La locazione a canone concordato è caratterizzata da dei precisi limiti, diversi per ogni comune, rispetto al costo della locazione stessa. Allo stesso momento offre però interessanti possibilità di agevolazioni fiscali.
Analizziamo nella nostra guida tutte le caratteristiche del contratto a canone concordato, quali vantaggi offre e da quali regole è caratterizzato.
Come si fa il contratto di affitto a canone concordato?
Il contratto di affitto a canone concordato permette di avere una quota di canone fissata tra due soglie, una minima e una massima, stabilita da diversi parametri, differenti in base al comune in cui si trova l’immobile in questione.
Introdotto dalla Legge numero 431 del 1998, il canone concordato è stato istituito come alternativa al canone libero. Quest’ultimo si applica nella forma dell’accordo del classico 4+4: quattro anni di accordo, prolungabili per ulteriori quattro anni.
Il canone concordato, invece, prevede obbligatoriamente una durata di 3 anni, prorogabili per altri 2. Il rinnovo biennale è automatico, a meno di apposita previa disdetta. È anche possibile utilizzare il canone concordato per affitti più brevi, come quando si vuole affittare a studenti (da 6 a 36 mesi) o quando si decide di per quello transitorio (da uno a 18 mesi).
I vantaggi del canone concordato riguardano sia il proprietario che l’inquilino. Il primo infatti, grazie al contratto di affitto a canone concordato, può godere di diverse agevolazioni fiscali. L’inquilino invece, dal canto suo, pagherà una somma mensile calmierata e ridotta.

Regole e accordi territoriali del canone concordato
L’importo del canone concordato, come detto, varia in base al comune in cui l’immobile interessato si trova. Non solo: il contratto convenzionato in questione si può stipulare solo in base al luogo in cui ci si trova.
In poche parole, non tutti i proprietari italiani possono godere dell’affitto a canone concordato. Questa modalità è applicabile solamente nei cosiddetti comuni “ad alta densità abitativa“. Si tratta principalmente di tutti i capoluoghi italiani, ma non solo.
Sono compresi anche i comuni confinanti con alcuni dei capoluoghi di provincia, in linea generale i più popolosi d’Italia che hanno anche un’area metropolitana:
- Bari
- Bologna
- Catania
- Firenze
- Genova
- Milano
- Napoli
- Palermo
- Roma
- Torino
- Venezia
L’elenco delle città è soggetto ad aggiornamento biennale da parte del CIPE, che può decidere di includere nuovi comuni tra quelli ad alta densità abitativa o di escluderne altri che invece c’erano precedentemente, e che così non potrebbero godere più delle agevolazioni.
Ma come si calcola il canone concordato? A deciderlo sono i vari accordi locali tra le organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini, che stabiliscono un limite massimo e un limite minimo sulla base di una convenzione nazionale firmata nel 2002. Una volta stabilite queste soglie, si potrà procedere alla scelta del canone esatto in base a diversi parametri, quali:
- Zona: esistono tre fasce: A, B e C, in cui il prezzo varia in base alla centralità o meno della casa;
- Servizi e infrastrutture offerti dal comune;
- Superficie calpestabile, vani accessori, balconi/terrazzi e dotazioni dell’immobile;
- I valori minimi e massimi del canone di cui sopra.
Affitto concordato: agevolazioni fiscali
Scegliere un contratto di affitto 3+2 a canone concordato offre diversi vantaggi nel campo delle detrazioni fiscali. Le tasse del canone concordato, in genere, sono infatti molto ridotte.
L’agevolazione più interessante è quella che deriva dall’applicare la cedolare secca al canone concordato, ossia il regime fiscale di tassazione unica al 10%, che va a sostituire Irpef, addizionali e tutte le imposte di registro e di bollo. Le agevolazioni offerte dalla cedolare secca sono spesso il principale motivo per cui viene scelto il canone concordato.
I vantaggi dell’affitto a canone concordato vanno anche oltre la cedolare secca. Anche qualora si dovesse scegliere per il regime fiscale “classico” dell’IRPEF, ci sarebbero diverse agevolazioni fiscali.
Innanzitutto, la base imponibile da considerare per il calcolo delle imposte viene ridotta del 30%. Anche la base dell’imposta di registro al 2% viene ridotta al 70% del reddito di locazione.
Un’ulteriore vantaggio è la riduzione dell’IMU quando si fa il canone concordato. Anche la TASI è agevolata:
- La base imponibile per il calcolo dell’IMU viene ridotta del 25%;
- La seconda invece non ha una riduzione specifica, ma i comuni posso prevedere una riduzione in base ai fattori locali.
Il contratto di affitto a canone concordato è però, da un altro punto di vista, svantaggioso per il proprietario, costretto a ricevere una canone di locazione forzatamente calmierato e quindi anche ridotto rispetto a quelli che potrebbero essere i potenziali guadagni, nel caso decidesse di optare per il classico canone libero.
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Il contratto a canone concordato, come abbiamo visto, offre diversi vantaggi sia al proprietario, che riesce a pagare meno tasse, sia all’inquilino, che può spendere di meno.
Il contratto a canone libero, d’altro canto, offre vantaggi ancora più evidenti, soprattutto per chi affitta casa. La possibilità di stabilire personalmente il canone di locazione previsto permette di poter ottenere una cifra decisamente più alta di quella calmierata dai regolamenti comunali.
Oltretutto, la forma contrattuale del 4+4 prevista col canone libero offre una maggiore stabilità economica e di entrate, che sono più prolungate nel tempo.
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