Affitto a canone concordato: in quali casi conviene?
Last Updated on Settembre 26, 2024
Chi ha un appartamento di proprietà e decide di metterlo a reddito con una locazione a lungo termine, si interroga, comprensibilmente, sulle modalità migliori per massimizzare il proprio investimento. Ciò vuol dire, per esempio, farsi domande sull’affitto a canone concordato e cercare di capire in quali casi conviene. Lo stesso interrogativo se lo può porre qualsiasi aspirante inquilino alla ricerca della casa da prendere in affitto. Nelle prossime righe, cerchiamo di rispondere assieme considerando entrambe le posizioni.
Affitti a canone concordato: ecco cosa sapere
Prima di entrare nel vivo dei casi in cui l’affitto a canone concordato conviene di più, è importante soffermarsi sulle peculiarità di questa forma di locazione. Introdotta nel 2016 per sostituire il canone calmierato, presente nella legge sull’equo canone, può essere applicata solo agli immobili a uso abitativo. La sua durata minima è pari a 3 anni. Se il limite minimo è inderogabile, quello massimo, invece, può essere esteso.
Dopo i primi 3 anni, l’affitto a canone concordato prevede il rinnovo automatico per il successivo biennio. Questo è il motivo per cui, in alcuni casi, si utilizza l’espressione “contratto 3+2”. Nei frangenti in cui, invece, si ha a che fare con il contratto a canone libero, si utilizza la formula “4+4”.
Per quale motivo si utilizza l’aggettivo “concordato”? Perché il canone d’affitto viene determinato a seguito di contrattazioni che coinvolgono sindacati, ma anche associazioni di inquilini, senza dimenticare ovviamente i proprietari.Le condizioni sulla base delle quali viene stabilito il canone concordato variano, nel nostro Paese, di città in città. Si tiene conto di diversi fattori, per esempio la disponibilità di immobili che caratterizza le varie zone.
Contratti a canone concordato: i principali vantaggi
Quando si parla dell‘affitto a canone concordato e dei suoi vantaggi, è doveroso ricordare innanzitutto che, rispetto ai contratti a canone libero, l’onere economico richiesto mensilmente all’inquilino è inferiore. Pure il proprietario può apprezzare diversi aspetti positivi. Nell’elenco di questi ultimi rientra, per esempio, l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro. Inoltre, è possibile ricorrere al regime della cedolare secca. Attenzione: si può ovviamente optare per la tassazione ordinaria. In questi frangenti, si può usufruire di uno sconto del 30% a partire dalla base di reddito imponibile.
Infine, è da citare la riduzione dell’IMU in una misura pari al 25%. Ci sono Comuni che, addirittura, permettono di fruire di riduzioni più consistenti. A prima vista, ci sono diversi aspetti positivi che possono portare il proprietario di un immobile intenzionato ad affittare a scegliere il canone concordato. Data l’importanza del tema, però, è il caso di capire bene se, sulla base della propria situazione, il canone concordato è la soluzione giusta. Vediamo tutto nel dettaglio nel prossimo paragrafo.
Canone di affitto concordato: quando è una scelta conveniente?
Lato proprietario, l’affitto a canone concordato conviene soprattutto nei casi in cui il reddito del locatore è alto. Come mai? Per un motivo molto semplice: la tassazione Irpef sui proventi della locazione sarà pari al 10% e non, come previsto dal regime ordinario degli scaglioni, a percentuali via via crescenti, in grado di superare, per fasce di reddito particolarmente elevate, il 43%.
Apriamo una piccola parentesi rammentando che, quando si ha a che fare con i contratti a canone libero, è sì possibile scegliere la cedolare secca, ma solo con l’aliquota fiscale del 21%.
L’Irpef da pagare è sensibilmente inferiore nel caso del canone concordato. Parliamo, infatti, di uno scarto di undici punti percentuali, non poco. Se si guarda anche al già citato risparmio legato a IMU e imposta di registro, è facile rendersi conto che, in generale, il canone più basso che si percepisce non scegliendo il canone libero è compensato dal risparmio su altri fronti.
I numeri del canone concordato in Italia
Secondo una rilevazione, risalente al 2021, del network SoloAffitti, su 60 province italiane circa un terzo vedeva un ricorso all’affitto a canone concordato per il 75% circa dei contratti di locazione.
In Italia, si può notare una forbice non indifferente per quanto riguarda la diffusione dell’affitto a canone concordato. Come mai in diverse zone del Paese è poco usato? Le ragioni sono due. La prima riguarda il fatto che, anche se le cose nel nostro Paese sono notevolmente cambiate dal 2016 ad oggi, esistono ancora diverse aree dove gli accordi per la tipologia di locazione oggetto di queste righe sono poco aggiornati (motivo per cui, se si è proprietari di un appartamento che si intende locale, è opportuno prendere prima tutte le informazioni del caso).
In altri casi, diffusi, secondo i dati nel 2021, in aree del Paese come la provincia di Milano e quella di Monza e Brianza, è invece possibile trovare situazioni in cui il canone concordato è fissato a valori di gran lunga inferiori alla media di mercato. Alla luce di ciò, l’opzione non risulta attrattiva per il proprietario che vuole affittare la propria casa e, giustamente, punta prima a un ritorno dell’investimento e, in seconda istanza, a un guadagno.
Attenzione: esistono anche situazioni opposte! Questo era il caso, nel 2021, di contesti come la provincia di Arezzo dove, secondo l’indagine sopra menzionata, il prezzo dell’affitto a canone concordato superava la media di mercato.
Nella circostanza appena citata, sono gli inquilini a non trovare conveniente l’opzione dell’affitto a canone concordato. Ancora una volta ricordiamo l’importanza di informarsi prima di procedere con la sottoscrizione del contratto di locazione.
Sui siti dei Comuni, sono presenti specifiche informazioni sugli accordi locali relativi al canone concordato. Per capire se quest’ultimo è aderente, superiore o inferiore alla media di mercato, si possono consultare le quotazioni immobiliari relative alle locazioni sul portale ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, dove vengono inclusi, aggiornati a cadenza semestrale, i dati di ciascun Comune con un intervallo minimo e massimo.