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Indennità di mancato preavviso: cos’è, a quanto ammonta, quando si paga

Last Updated on Giugno 11, 2024

Indennità di mancato preavviso: di cosa si tratta (in caso di locazione immobiliare)? A quanto corrisponde? In quali casi bisogna pagarla? Se ti stai ponendo queste domande, l’articolo nelle prossime righe fa per te. Lo abbiamo preparato per chiarire alcuni dubbi che, sia che tu voglia affittare il tuo immobile sia che, in questo momento, tu sia alla ricerca di un appartamento da prendere in locazione, quasi sicuramente staranno dominando la tua mente, in particolare se si tratta della prima esperienza con il mondo delle locazioni.

Seguici nelle prossime righe per scoprire qualcosa di più su un tema di grande importanza!

Penale di mancato preavviso: che cos’è?

L‘indennità di mancato preavviso è una somma che il locatario che ha regolarmente firmato un contratto d’affitto deve versare al proprietario di casa nei frangenti in cui non rispetta i termini, che possono essere stabiliti dalla legge o dal contratto, per quanto riguarda il recesso. Un esempio? Le circostanze in cui, in assenza di gravi motivi, tra i quali è possibile includere, per esempio, il trasferimento lavorativo in un’altra città, si comunica al locatore la volontà di abbandonare l’immobile entro un mese e di non pagare più i canoni.

Doveroso è sottolineare che, quando si parla, invece, del recesso anticipato da parte del locatore, non è possibile considerarlo efficace. Ciò vuol dire che l’inquilino avrà la facoltà di continua a risiedere nell’immobile. Il contratto, infatti, non risulta legalmente disdetto, ma tacitamente rinnovato. In quali casi è possibile, da parte del locatore, recedere dal contratto di affitto? La legge prevede, con il fine di garantire stabilità ai contratti stessi, dopo la prima scadenza il locatore non abbia possibilità di recedere, a meno che non intervengano evenienze particolari.

Ecco quali sono:

  • Necessità di ristrutturare l’immobile;
  • necessità di destinare lo stesso ad abitazione sua o di un familiare.

Qualora dovesse verificarsi una di queste due condizioni, il proprietario dell’immobile è tenuto a comunicare la disdetta con almeno sei mesi di anticipo rispetto alla prima scadenza stabilita, il tutto attraverso una raccomandata con ricevuta di ritorno o PEC (posta elettronica certificata).

Mancato preavviso: quando non è dovuta l’indennità?

Esistono dei casi in cui l’inquilino non è tenuto a pagare l’indennità di preavviso? La risposta è affermativa. Ciò accade, per esempio, nei frangenti in cui, nonostante la comunicazione del recesso data prima dei tempi previsti dalla legge, il proprietario dell’immobile non subisce danni e riesce a trovare rapidamente un altro inquilino al quale affittare il proprio immobile.

A tal proposito, è opportuno chiamare in causa la Sentenza della Cassazione Civile 15769 del 27/7/2015. In quest’ultima, gli ermellini sottolineano come la funzione del preavviso da parte dell’inquilino sia legata proprio al fatto di concedere al proprietario il tempo necessario a trovare un altro locatario per l’immobile, senza perdere il diritto alla ricezione del canone.

Allo stesso modo, il preavviso dato dal proprietario al locatario viene chiamato in causa per consentire a quest’ultimo di avere a disposizione il tempo giusto per trovare un’altra abitazione.

Ciò vuol dire che non è obbligatorio pagare l’indennità di mancato preavviso nei seguenti frangenti;

  • Proprietario dell’immobile che non subisce danni economici, in quanto riesce a trovare subito un nuovo inquilino per sostituire il precedente;
  • nei frangenti in cui, prima dei sei mesi, il locatore trova un altro inquilino, l’indennità è dovuta in misura ridotta.

Deve essere pagata per intero, ossia mettendo in campo una somma pari a sei mensilità di canone, nei casi in cui il locatore non riesce a trovare un altro inquilino per il proprio immobile.

Locazione e indennità di mancato preavviso: i recenti punti di vista della giurisprudenza

L’indennità di mancato preavviso nell’ambito della locazione immobiliare è stata, come accennato nelle righe precedenti, spesso al centro dell’attenzione giuridica.

Tra i più recenti punti di vista è possibile includere la Sentenza del Tribunale di Torino n° 1247 del 22 marzo 2023. Tutto è partito con la scelta di rivolgersi al tribunale da parte di un locatore, che chiedeva che l’ex inquilino di una casa di sua proprietà fosse condannato sia a pagare i danni arrecati all’immobile, sia a versare l’indennità di mancato preavviso corrispondente a sei mensilità di canone di locazione.

A detta del foro piemontese, l’istanza di risarcimento, effettuata per via di danneggiamenti rinvenuti al momento della consegna dell’immobile e non presenti all’inizio della locazione, poteva essere accolta senza problemi.

Diverso, invece, il caso della richiesta di versamento dell’indennità di mancato preavviso. A tal proposito, è stata chiamata in causa proprio la sopra menzionata sentenza del 2015, sottolineando che l’immobile, dopo due settimane dal rilascio da parte del locatario, era stato dato in locazione a un’altra persona.

Nonostante la mancanza effettiva di una comunicazione tempestiva avente lo scopo di rendere nota la volontà di recedere dal contratto di locazione, la proprietaria era riuscita comunque a rimettere, con successo, l’immobile sul mercato delle locazioni. La seconda locazione, caratterizzata da un canone pari alla prima, ha fatto sì che non si potesse parlare di danno economico. Per amor di precisione, si ricorda che, nel caso appena menzionato, è stato possibile parlare di un mancato guadagno di soli 15 giorni.

 

La conclusione di questa sentenza può essere inquadrata nell’ambito della giurisprudenza di legittimità. In frangenti in cui avviene un mancato rispetto dei termini di preavviso per la recessione dal contratto, il locatario è obbligato a pagare al locatore dell’immobile un’indennità di mancato preavviso pari a sei canoni mensili, il tutto a partire dalla comunicazione del recesso o dal rilascio della casa, il tutto a meno che il proprietario non lochi l’immobile a terzi. Così prevede, infatti, la Sentenza 18167 della Corte di Cassazione risalente al 23 ottobre 2012.

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