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Riforma del catasto: cosa cambierà?

Last Updated on Luglio 18, 2024

Negli ultimi mesi, si parla sempre di più di riforma del catasto. Cosa cambierà per i proprietari di casa? Scopriamolo assieme nelle prossime righe di questo articolo.

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Riforma del catasto: cosa prevede?

Cosa prevede la riforma del catasto passato all’inizio del mese di marzo? Prima di tutto che, entro il 2026, venga completato il monitoraggio del patrimonio catastale nazionale, il tutto con lo scopo di portare alla luce eventuali mancanze di omogeneità relative ai valori catastali. Questa può essere considerata a tutti gli effetti come la prima fase.

Quella successiva prevede la divisione dei Comuni italiani per aree di mercato. La principale caratteristica di queste ultime è il loro essere omogenee tra loro. Lo step finale consiste invece nell’implementazione del sistema di classificazione delle unità immobiliari. Ricordiamo a tal proposito che ci sarà il passaggio dal numero di vani ai metri quadri. Verranno revisionate, con il fine di riformare il calcolo delle rendite, anche le classi e le categorie.

Un punto di riferimento utile per capire al meglio la riforma del catasto è l’articolo 6 della legge delega. Quest’ultimo prevede che, oltre all’attribuzione della rendita catastale secondo gli attuali criteri, si proceda anche ad attribuire alle singole unità immobiliari un valore patrimoniale e una rendita entrambi adeguati ai valori di mercato.

Riforma del catasto: quando entra in vigore?

Quando è prevista l’entrata in vigore della riforma del catasto? Il 1° gennaio 2026. La data in questione è il riferimento da considerare per quel che concerne l’implementazione delle informazioni presenti attualmente nel catasto. Sempre a partire dal 1° gennaio 2026, si inizierà, come precedentemente accennato, ad attribuire a ciascuna unità immobiliare un valore patrimoniale e una rendita adeguatamente aggiornati alla situazione attuale del mercato.

Riforma del catasto: cosa cambia a fini IMU e ISEE?

Tra le domande che i proprietari di casa si pongono quando sentono parlare di riforma del catasto rientrano gli eventuali cambiamenti a fini IMU e ISEE. Il punto di vista del Governo Draghi è stato fin da subito molto chiaro: le nuove rendite catastali non impatteranno in alcun modo sull’entità di imposte come l’IMU, così come le imposte catastali e quella di registro. La stessa cosa si può dire per i valori ISEE.

Il motivo è legato al fatto che la riforma a cui stiamo dedicando queste righe – oggettivamente al centro di un vivace dibattito politico nel corso degli ultimi mesi – integra alle attuali informazioni sugli immobili il valore catastale. In questo modo, si impedisce che i suddetti valori vengano utilizzati come base imponibile per il pagamento di imposte.

Le principali contestazioni al quadro appena tracciato sono legate al fatto che, a detta di molti, ora del 2026 lo scenario potrebbe essere molto diverso da quello di oggi.

Revisione del catasto: di quanto aumenteranno le rendite?

Proseguendo con i punti fondamentali da considerare quando si parla di riforma del catasto, un doveroso cenno va dedicato all’aumento delle rendite. Per rispondere a questa domanda è il caso di prendere come riferimento le simulazioni condotte recentemente dagli esperti di UIL Lavoro e Territorio. Queste ultime, si basano sui valori OMI. Entrando nel vivo dei numeri che hanno permesso di mettere in primo piano, è bene ricordare che è emerso un aumento delle rendite catastali pari, su scala nazionale, al 128,3%. A seguito delle sopra citate simulazioni, sono emersi anche cambiamenti relativi all’IMU. Nello specifico, si parla di un impatto pari in media a 1,150 euro.

Degne di nota sono altresì le ripercussioni sull’ISEE. In questo caso, dati alla mano, si avrebbe a che fare, per la prima casa, con un valore pari a 75.000 euro in più rispetto alla situazione precedente l’approvazione della riforma.

L’aumento è di entità non lieve. Il pro, come sottolineato da diversi esperti, è legato al fatto che, nel momento in cui la riforma entrerà in vigore, si andrà a risolvere una situazione oggettivamente anomala per quanto riguarda il prelievo fiscale sulle unità immobiliari. Oggi come oggi, infatti, si ha a che fare con una situazione spesse volte paradossale. Esistono infatti diverse unità immobiliari di pregio situate nei centri storici delle grandi città che si contraddistinguono per rendite catastali basse e appartamenti in zone periferiche che, al netto della recente costruzione, hanno invece una rendita catastale alta.

Riforma del catasto 2022: il nodo dell’invarianza di gettito e i cambiamenti degli ultimi anni

In tutto questo rimane fermo il nodo dell’invarianza di gettito. Come ricordato nelle righe precedenti, il Governo Draghi si è infatti impegnato affinché non ci siano effetti sull’entità delle imposte. Le innovazioni, come già accennato nelle righe precedenti, riguarderebbero un sistema estimativo catastale risalente al 1939. Negli anni successivi sono state messe in atto diverse modifiche che, però, non hanno cambiato in alcun modo l’impianto strutturale generale.

Un passo verso l’adeguamento è stato compiuto nel lontano 2005 quando, tramite la Legge Finanziaria, venne data la possibilità ai Comuni di adeguare le rendite catastali ai valori di mercato allora vigenti. A questa chiamata hanno risposto 17 Comuni, tra i quali è possibile citare Milano e Roma. Molto pochi se si considera che il numero complessivo dei Comuni del nostro Paese si avvicina agli 8mila.

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Revisione catastale: tutti gli obiettivi

Oltre alla già citata revisione di un sistema che ha più di 80 anni di storia alle spalle, la riforma del catasto ha l’obiettivo di realizzare una mappatura generale degli immobili italiani e di individuare le cosiddette “case fantasma”, ossia gli immobili non accatastati. Da non dimenticare è altresì la lotta contro l’invasione di gettito, così come il fatto di evitare l’aumento di imposte a carico dei cittadini rispettosi della legge.

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